lunedì 29 giugno 2009

Julie Moss

Questa volta non si tratta strettamente di un'impresa, ma di una ragazza dilettante e semisconosciuta che ha contribuito a rendere leggendario l'eroismo dei partecipanti alle gare di fondo.
Julie Moss nel 1982 era una studentessa universitaria, alle prese con la propria tesi di fisiologia dello sport. Proprio per ricavare dati per la sua tesi di laurea decise di partecipare ad un ironman, per studiare gli effetti sul fisico di una gara devastante.
L'intento era inizialmente quello di partecipare, da principiante, a questa manifestazione che all'epoca era ai primordi. Quando però si ritrovò in testa alla corsa dopo i 4,8 km di nuoto e i 180 km di bicicletta, lo spirito competitivo la spinse a gestire l'ultima frazione (la maratona) con l'obiettivo di vincere.
A meno di un chilometro dal traguardo era ancora prima.
Guardate per vedere un'eroe vero.


giovedì 25 giugno 2009

La consapevolezza dell'eroe


Eccoci qui belli e splendenti come non mai la mattina dopo l'impresa. Un vero e proprio dramma.
Dead men walking.
Dopo un paio di giorni di camminate difficili con risate neanche tanto soffocate al lavoro e a casa, la deambulazione è andata via via migliorando e la nostra testa (il fisico no di sicuro) era già volta verso nuove e mirabolanti avventure.
A metà della settimana successiva al ritorno c'è stata l'incisione della medaglia, momento solenne, una specie di incoronazione. Siamo andati al medaglificio, abbiamo consegnato il nostro prestigioso pezzo di metallo e abbiamo fatto incidere, nome e tempo.
Sostanzialmente ci siamo consegnati alla storia.
Usciti abbiamo bevuto un bel paio di bicchieri di bianco a testa, era ora dell'aperitivo.
Dopo un po' di giorni di totale empasse, un brusio cominciava a girare nell'aria, anzi, per essere precisi, nei cellulari: serviva una nuova impresa, lo status di eroe va coltivato giorno dopo giorno, spero l'abbiate capito.
Vi devo confessare la verità: la prima cosa che ho detto, tornato da Parigi, è stata: "non farò mai più una maratona in vita mia", e ne ero davvero convinto; ma gli altri non erano del mio stesso avviso, anzi e allora, un po' per orgoglio, un po' per orgoglio, ho contribuito a mantenere il gruppo compatto.
Formazione a testuggine e via, i Galli ci avrebbero temuto.
Senza se e senza ma il metronomo, affettuoso nome con cui chiamiamo clodrunner, si iscriveva (trascinando con sè anche la madrina) alla maratona di Amsterdam e così la storia si ripeteva, alla spicciolata ci iscrivevamo tutti.
Nei giorni seguenti la maratona, e non solo, eravamo chiaramente e giustamente monotematici, parlavamo solo di correre, correre e ancora correre; tutto questo nostro bombardamento psicologico ha però portato i suoi frutti: ad oggi siamo un gruppo misto di più di 10 persone, pronte e cariche per andare ad Amsterdam, chi a fare la maratona intera, chi a fare la mezza. Questo poco conta.
Personalmente sono molto contento di ciò e devo dire che un pochino invidio coloro che vengono con noi e sono alla prima esperienza maratoneggiante per il semplice motivo che, amio modesto parere, la prima maratona è un po' come il primo amore: ti fa soffrire un casino, ma non te lo scordi mai.
Non è finita qui però.
La maratona già non ci basta, vogliamo traguardi più duri, più leggendari ed ecco che è nata l'idea, sempre più concreta ogni giorno che passa, di compiere due imprese che forse sarebbe meglio chiamare follie. Imprese che metteranno a dura prova il nostro fisico, ma che noi consideriamo il punto di partenza verso una nuova era, sicuramente non un punto d'arrivo, perchè l'eroe sa che non deve mai sentirsi arrivato.
C'è sempre qualcosa da dimostrare e il Sahara ci darà una mano a dimostrarlo.

mercoledì 24 giugno 2009

Riassunto del Bignami di teoria dell'allenamento (II)


Superato il test del moribondo?
No?!
Come ho già scritto, correre con facilità 10 km è il presupposto indispensabile per cominciare ad allenarsi per la maratona (ma anche per una mezza maratona).
Bisogna sempre tenere a mente, infatti, che lo sport dovrebbe essere un elemento che aiuta a vivere meglio, preservando la propria salute negli anni, non un mezzo di autodistruzione!
Chiacchierando con gli altri in allenamento mi sono reso conto che ciascuno di noi ha metabolizzato la stessa lezione nel post-Parigi: abbiamo sofferto troppo in gara e dopo, con la netta impressione che la cosa non sia stata salutare. Sarebbe assurdo contare di proseguire nella vita di maratoneti massacrando il proprio fisico continuamente.
Proprio per questo abbiamo deciso di prendere più seriamente gli allenamenti, anche con lo scopo di migliorare, ma soprattutto con il fine di correre la gara soffrendo il giusto!
Mi spiego meglio: nel prossimo dopo-gara voglio fare le scale tranquillamente, sia in discesa che in salita.
Morale: non sottovalutare la maratona (e, di conseguenza, non sopravvalutare le proprie capacità).
Se non sapete dove sbattere la testa nel mio sito preferito, come sempre, si possono trovare i consigli tecnici necessari per superare il test del moribondo, con dei microcicli di allenamento da ripetere.
Se ormai macinate i dieci chilometri come delle locomotive è giunto il momento di cominciare il vero allenamento!
Ci sono un'infinità di proposte di tabelle su siti internet e sulle riviste (runners, runner's world, albanesi, marco, asics, podistidoc, etc., ma veramente etc.): come scegliere?
E' un bel problema, non ne sono molto sicuro nemmeno io... però il fine è certo: bisogna cercare di capire quale programma si attagli meglio alla propria psicologia. Ci sono, infatti, tabelle piene di ripetute ad alto ritmo, tabelle basate su chilometraggio, tabelle prive di tutto e che prevedono solo uscite "a tempo".
Posso dire che secondo me conviene a fare un po' di esperienza, per farsi un'idea di cosa sia un allenamento tecnico che tenga conto di rimto al km, che contenga ripetute e test al massimo,
Questo aiuta a cominciare a conoscere il proprio valore, a vedere se si è portati per correre e ad orientarsi su quale potrà essere, poi, lo sviluppo della propria vita podistica.
I diecimila
Partire dai 10.000 m è una buona partenza: si possono sia fissare i parametri su cui poi basare gli allenamenti sulle distanze più lunghe, sia capire se ci saranno o meno gare più lunghe!
Si può tenere come riferimento il solito albanesi.it per il programma. Date un'occhiata prima di proseguire la lettura.
Avete trovato una serie di sigle poco interpretabili, come FL, FP, RG, ma c'è tutto spiegato!
Noterete che per un principiante il ciclo è di otto settimane e prevede dei test intermedi...si fa sul serio!
Io mi alleno solo per tre sedute a settimana, per questione di tempo, ma ovviamente se ne possono fare fino a sei.
Diteci che ne pensate.
Amsterdam 18.10.2009
E' ora di fare programmi, siete pronti?
Per chi verrà ad Amsterdam come maratoneta: non più tardi della settimana che inizia con lunedì 6 luglio va iniziato il ciclo di allenamenti.
Chi invece verrà ad Amsterdam per la mezza maratona dovrà tenere conto che dovrebbe ottimamente fare prima il ciclo di allenamento per i 10.000 e poi un altro ciclo specifico per la mezza. Ciascuno è di otto settimane, quindi per prepararsi alla gara (per arrivare in fondo basta molto meno), bisognerà al più tardi iniziare gli allenamenti per i 10.000 la settimana prossima, che inizia con il 29 giugno.

martedì 23 giugno 2009

Kenya Highlands Race


Colgo l'occasione di questa gara di cui sono venuto a conoscenza da poco per inaugurare la rubrica delle missioni possibili. A latere delle follie descritte in precedenza, e che descriveremo ancora in futuro, vale decisamente la pena di parlare anche di quelle gare che sono un po' più alla portata di chi uomo bionico non è.
La Kenya Highlands Race è la perfetta occasione per coniugare lo sport con un'altra passione che è comune a molti: viaggiare. Si corre in quattro tappe di 13, 24, 15 e 21 km sugli altopiani del Kenya in pieno contatto con la natura. Il costo è di circa 2.000 euro e comprende, oltre ovviamente l'iscrizione alla corsa, volo di andata e ritorno, vitto e alloggio.
Questo è proprio il caso di dire che non importa se sei leone o gazzella, l'importante è che cominci a correre.
Anche se, vi dirò, preferisco sempre fare la parte del leone.

domenica 21 giugno 2009

The Great Tibetan Marathon


Avete mai provato a fare una corsa in montagna? Se si, avrete notato che vi è venuto il cosiddetto fiatone molto più facilmente rispetto che in pianura.
La spiegazione è semplice e risaputa: il quantitativo di ossigeno nell'aria è sempre lo stesso, ma la pressione diminuisce proporzionalmente a quanto si sale, rendendo così sempre più difficile la respirazione (oltre i 7.000 mt sono necessarie le bombole d'ossigeno); a tale "inconveniente" il fisico degli autoctoni supplisce aumentando la produzione di globuli rossi, cioè quelle cellule del nostro sangue adibite al trasporto di ossigeno ed anidride carbonica.
Noi che, però, non viviamo a quelle altezze quando ci andiamo facciamo molta fatica, proprio perchè il nostro organismo non è assolutamente abituato; respiriamo, quindi, con maggiore difficoltà e sforziamo di più il cuore.
Ecco ora immaginatevi di correre una maratona in queste condizioni.
The Great Tibetan Marathon è una maratona (con possibilità, come sempre, di fare anche "solo" 21 o 10 km) che si corre interamente in Tibet, regione politicamente appartenente alla Repubblica Popolare Cinese ove l'altitudine media è di circa 4.900 mt.
Un bel respiro profondo e che la corsetta abbia inizio.

martedì 16 giugno 2009

Warnings: esplosioni addominali


Non sapendo che fare, ho deciso di inaugurare una nuova rubrichetta denominata "warnings", che consisterà in piccoli suggerimenti dati dai maratoneti, resi edotti da durissime esperienze vissute.
Ho etichettato come primo warning il post di Marathon Bia sulle scarpe, in quanto lui stesso conosce bene i rischi che si corrono a non cambiare le scarpe quando sono finite (non specifico oltre per non violare la privacy sui dati medici sensibili...mi fa causa).
Il secondo warning che mi sento di dare riguarda la "cacca". Non lo scrivo per farvi ridere, come avrei fatto all'asilo secondo la migliore tradizione umoristica, ma perché è un problema fastidioso e alquanto sentito all over the world.
Dovete sapere che correndo per molti chilometri (sopra i dieci direi), il pancino dell'atleta rimane a lungo in regime di scarsa irrorazione sanguigna, al che consegue un raffreddamento; inoltre si è soggetti ad un gran continuo sobbalzare... Sembrerà impossibile, ma in quella condizione anche un arietta flebile può causare delle turpi ripercussioni!
Come consiglia saggiamente il Mentore non bisogna farsi mancare un fazzolettino per le emergenze. Si capisce che fare opera di prevenzione è cosa assai avveduta...

lunedì 15 giugno 2009

The day after tomorrow


Intervallare il racconto delle nostre imprese è giusto per non appesantire troppo la lettura, ma non dimentichiamo mai l'elemento cardine del blog: gli eroi, le imprese, la gloria eterna.
La maratona è compiuta, dopo aver tagliato il traguardo siamo, ovviamente, rimasti d'accordo che ci si sarebbe trovati diretti in stanza, e se qualcuno non fosse riuscito a "passare sotto l'arrivo", causa decesso prematuro, le esequie sarebbero state adeguate all'impresa, quindi funerale di Stato con tutti annessi e connessi in sequenza: morte, rimpatrio su un concorde, mamma che piange, amici che si tatuano il nome in lettere gotiche sull'avambraccio, Presidente della Repubblica che rende onore, Ratzinger che celebra la messa ed infine sbronza clamorosa modello "The Snatch" per gli amici.
Non è andata così però. Siamo sopravvissuti. Storpi ma siamo sopravvissuti.
Subito dopo l'arrivo, ritiro la medaglia, recupero in qualche modo dei liquidi da bere ed arraffo una baguette intera regalatami da una signora, genitilissima, anche queste piccole cose rendono magica l'atomosfera della maratona. Fatto ciò mi siedo sul bordo del marciapiede per rifocillarmi. Di fianco a me si accomodano, anche se sarebbe meglio dire accasciano, due ragazzi; sorrisi di convenienza, pacche sulle spalle reciproche e, dopo poco, uno di loro fa per alzarsi: tentativo uno fallito, le gambe non funzionano più. Ci riprova: tentativo due fallito anch'esso. Ci alziamo io e il suo amico (rigorosamente ridendo come dei matti) e lo issiamo a forza. Braccio intorno al collo del suo compare e si sono persi nella folla. Drammi su drammi.
Io vado in cerca della fermata della metro e dal nulla con un'espressione di dolore-stanchezza-gioia vedo due del "gruppo eroi", li raggiungo, ci abbracciamo, spezzo il pane e dividiamo l'acqua e ogni quant'altro siamo riusci ad arraffare. Non riusciamo più a camminare e la fermata della metro è lontana anni luce, per non parlare dell'hotel: bello, carino, prezzo modico, ma era lontanissimo, non arrivava più, mi sembrava di essere un lebbroso durante il suo lento e composto pellegrinaggio verso Lourdes.
Arriviamo in albergo e la fasi sono queste:
1. foto di rito (stando in piedi a fatica);
2. sms "ciao mamma sono vivo, ci vediamo domani sera, prepara la pasta che ho già fame";
3. nudità;
4. tentativo di pipì 1: fallito. Niente più liquidi in corpo;
5. doccia;
6. tentativo di pipì 2: fallito. Ci siamo ufficialmete essiccati;
7. mutande + letto;
8. arnica (pomata MIRACOLOSA) per alleviare i dolori. Ne avrò usato un tubetto intero;
9. dove cazzo sono gli altri due? Bisogna chiamare il concorde e prenotare la chiesa per il funerale;
10. no sono vivi, arrivano in hotel; si scopre che uno di loro si era infilato in una tenda del soccorso medico fingendosi gravemente infortunato al fine di scroccare un massaggio;
11. il riposo dell'eroe.
Svegliati dopo un paio di ore la fame era a livelli di guardia, se non mangiavamo entro breve stramazzavamo al suolo. Dopo mesi di dura, durissima (non è vero) dieta ci meritavamo di mangiare schifezze allo stato puro. E kebab enorme sia. Abbiamo mangiato come il bue, l'asinello e tutti i partecipanti del presepe tradizionale messi assieme ed abbiamo più fame di prima.
Cosa c'è di meglio ora da fare che bere birra ad oltranza? Nulla. E così sia. Ne beviamo 3/4 a testa e siamo sbronzi, fantastico.
Ci nutriamo ancora e poi dritti come dei missili in branda senza sapere cosa ci aspettava il giorno dopo. Il compito dell'eroe non è ancora concluso.
Ci svegliamo l'indomani il più tardi possibile, l'aereo è nel tardo pomeriggio, un bel giro turistico è quello che ci vuole. Quando mai.
La difficoltà nel fare le scale della metro e nel camminare è a dir poco evidente, zoppichiamo e ci trasciniamo, le risate si sprecano, sembriamo degli idioti. La cosa più bella succede aggirandoci proprio per le suggestive vie parigine: spesso troviamo persone zoppicanti come noi se non peggio e che fanno stretching ad ogni angolo. Ora le risate sono incontrollabili. Davvero lacrime agli occhi.
Uno di noi si ferma al bar, non ce la fa proprio più, ma noi non ci guardiamo indietro, chi si ferma è perduto. Ultimi giri nell'opulenza di Place Vendome, guardiamo vetrine stracolme di oggetti che non potremmo mai permetterci e, nel frattempo, giunge l'ora della partenza.
Si va a casa, torniamo con un'esperienza fantastica, andata oltre ogni più rosea aspettativa. Nulla d'ora in poi potrà fermare gli eroi, il mondo delle imprese si apre davanti a noi, il prossimo obiettivo potrebbe essere, senza difficoltà, la conquista di Cartagine, Annibale tremerebbe solo a sentire pronuciare il nostro nome.
Piedi gonfi dal dolore, cuore gonfio dall'ogoglio.
E' quasi l'una, siamo in Italia, tra 7 ore si va a lavorare.
Bentornati alla vita reale.

domenica 14 giugno 2009

Scarpe nuove, vita nuova

Chi segue le baggianate che scriviamo avrà capito che elemento fondamentale per diventare un maratoneta o almeno un runner vero e proprio è prendersi un paio di scarpe coi contrococones.
Non sottovalutate mai l'importanza di ciò che avete ai piedi.
Ieri in 3 (più uno, il latitante, che è andato da solo alla mattina per occultarci le sue nuove pantofole, ma, caro Lorenzo, il negoziante ci ha spifferato tutto, sappi che la nostra longa manu arriva ovunque: ti abbiamo sabotato) siamo andati in missione per l'acquisto; momento centrale della gita era fornire alla nostra madrina consigli adeguati affichè acquistasse un bel paio di un paio di mezzi adatti per divorare l'asfalto, visto che ella, da madrina, diventerà partecipante della Maratona di Amsterdam di fine Ottobre insieme a noi.
Necessitavo di scarpe nuove pure io, quelle vecchie erano ridotte più o meno così:

Premesso che con le mie Asics Cumulus mi sono trovato benissimo, cercavo qualcosa di più ammortizzante visti i problemi, da cinquantenne, alle ginocchia che mi ritrovo. Scelta semplice e decisa: Asics (sempre e comunque) Nimbus. La scopa di Harry Potter aveva lo stesso nome, spero siano magiche almeno la metà!
Anche il collega si è preso un paio di scarpe bissando le Cumulus che avevamo preso insieme l'anno scorso (d'altronde è impossibile entrare in un negozio di sport e uscire a mani vuote).
Tutto questo racconto per comunicarvi che la durata massima di un paio di scarpe da corsa è intorno ai 600 km, dopodichè l'ammortizzazione va a farsi fottere e le vostre articolazioni la seguono a ruota. Fidatevi.
Il classico consiglio della nonna è, quindi, chiarissimo: non lesinate sulle scarpe, spendete e spandete, piuttosto correte nudi come dei vermi, ma le scarpe sceglietele bene.

venerdì 12 giugno 2009

The Great Wall Marathon


Questa nuova rubrica creata dal collega mi piace, sono veri eroi, pazzi, ma eroi. Poi in questi giorni,ho bisogno di vivere nel riflesso delle imprese altrui, sono abbandonato al mio destino senza possibilità di correre, causa tendinite: ho appena iniziato e già ho i dolori come se maratoneggiassi da anni. Se va avanti così aspettatevi un blog sulla briscola entro breve, a scanso di infortuni ai pollici ovviamente.
La missione impossibile di oggi è la maratona corsa sulla Muraglia Cinese. La vendono in pacchetti da minimo 5 notti e 6 giorni con una cifra base che si aggira intorno a 1.300 US, fate i turisti, correte sulla Muraglia, ci restate secchi e vi rimpatriano avvolti nel tricolore. Non so se è compreso il prezzo della bara nei denari di cui sopra.
Perchè la morte dopo una normale maratona vi chiedete? Risposta semplice cari lettori: la peculiarità della corsetta in questione è che dovrete percorre 5164 scalini. Qualcuno mi deve spiegare come il vincitore di quest'anno abbia potuto finirla in meno di 4 ore, non credevo che potessero iscriversi anche gli uomini bionici.
Pensate alla Great Wall Marathon la prossima volta che prenderete l'ascensore per non fare la rampa di scale che vi porta in garage.

giovedì 11 giugno 2009

The North Pole Marathon


Vagando alla ricerca di informazioni sugli allenamenti e gli eventi tra forum e siti ci si imbatte ogni tanto in persone a cui vengono davvero delle pessime idee.
Per questo abbiamo pensato di fare una specie di rubrichetta, chiamata "Mission Impossible", nel cui fare confluire alcuni spezzoni della follia umana.
Se la Marathon Des Sables è già piuttosto estrema, come anche le gare di triathlon Ironman, evidentemente il loro coefficiente di difficoltà non è ancora sufficiente per qualche essere (in)umano.
Per questo qualcuno ha inventato la North Pole Marathon, una maratona dalla lunghezza regolamentare che si svolge sui ghiacci del Polo Nord, dove non si incontrano nemmeno gli orsi bianchi, ma al massimo qualche Mike Bongiorno in crisi di mezza età.
Ovviamente non tutti sono ammessi a partecipare, ma solo una ventina di persone all'anno, scelte per il proprio stratosferico curriculum di imprese sportive. Per favore guardate il link per capire che quando dico "stratosferico" non esagero affatto, credo che sia gente che si allena con Goku e Vegeta.
Per avere un'idea dell'assurda durezza della prova date un'occhio ai tempi... il vincitore di quest'anno ci ha messo 4h27m05s... tenete conto che il vincitore di Parigi 2009 ci ha messo 2h05m circa!!! Follia!

mercoledì 10 giugno 2009

Parigi val bene una Maratona


Eccoci qui, svegli da poco e tutti intenti nel nutrirci delle nostre prelibate fette biscottate con marmellata, ma in realtà non abbiamo molta fame: la tensione è decisamente maggiore del previsto.
Sbrigate le operazioni nutrizionali nel minor tempo possibile ci raduniamo nuovamente, dopo il rigoroso tentativo di liberazione intestinale, per un'impresa che forse in difficoltà supera la maratona stessa: il fissaggio del pettorale.
Aperta parentesi
Quando il giorno precedente ci eravamo recati con molta solerzia a ritirare tutto il kit del maratoneta, eravamo fermamente convinti che il pettorale fosse una specie di adesivo gigante da appiccicare, senza troppi problemi, sulle nostre prestigiose magliette tecniche. Ma così non era. Abbiamo ben presto scoperto, infatti, che il pettorale risultava invece essere costitutito da normalissima carta priva di una qualsiasi parvenza di adesivo e/o colla, ma con 4 buchi 4 ai 4 angoli tramite i quali far passare delle spille da balia, in modo tale da fissare il nostro numero (e nome!) alla t-shirt.
Tali, fondamentali, spille da balia, che se usate di mattina presto risultano essere taglienti come le katane dei samurai, venivano gentilmente donate agli eroi dagli addetti alla vestizione posizionati subito dopo i controllatori di certificati medici, in pratica a sinistra prima dei distributori di gadget inutili per capirsi; fin qui sembra tutto facile, ma invece no: l'imprevisto è sempre dietro l'angolo, specilmente se la testa te la dimentichi in metropolitana.
Per farla breve non avevamo visto la fantomatica zona in cui venivano distribuite queste maledette spille da balia e, quando ci siamo resi conto che fare 42km e 195m con un foglio di carta in mano sarebbe stato alquanto scomodo, siamo andati a caccia di spille per mezza Parigi, con la stessa foga con cui un'adoloscente cerca di infilare una banconota sempre troppo stropicciata nel distributore automatico di preservativi. Trovate in un supermercato, mi son fumato una bella sigaretta per stemperare la tensione, l'operazione era compiuta, James Bond sarebbe stato fiero di noi.
Chiusa parentesi
Risolto il problema pettorale, chi decentemente chi alquanto goffamente, i nomi non si fanno mai, usciamo in direzione fermata della metro per incontrarci con il quinto eroe, colui che avrebbe sfondato il muro delle 4 ore. Lungo la strada, e soprattutto in metro, ci viene da sorridere più e più volte: in giro ci sono solo maratoneti, assonnati ma pur sempre maratoneti. Usciti dalla fermata della metro una scena stupenda davanti a noi: un fiume umano di persone sugli Champs-Élysées sovrastato dall'imponente Arco di Trionfo, ci mancava solo il buon vecchio Napoleone ed eravamo pronti per la campagna di Russia (possibilmente non con lo stesso risultato però). Ci posizioniamo in fondo in fondo proprio, visto che ci eravamo iscritti con il target time più alto possibile, in quanto 6 mesi prima non sapevamo neanche correre in pratica. Nell'attesa beviamo acqua anche se non abbiamo sete, facciamo tanta din din anche se non ci scappa, chiacchieriamo tra di noi anche se non abbiamo molta voglia di parlare: la sensazione predominante è l'aggrovigliarsi delle budella, dicesi anche "ansia da prestazione".
Al colpo di pistola tanto attesso non succede nulla, passa qualche minuto e siamo ancora fermi, carichi come delle molle, ma ancora fermi: il fiume umano si muove lento, quasi timoroso, e noi lì che ci guardiamo attorno ansiosi di iniziare a correre e nel frattempo attenti a non cadere (per terra alla partenza viene abbandonato di tutto!). Dopo 13 interminabili minuti dall'effettiva perenza dei primi passiamo finalmente sotto lo Start e iniziamo a correre, la nostra Maratona è cominciata.
Purtroppo fin da subito perdiamo uno di noi che, infortunato già da un paio settimane, decide di andare piano per cercare di arrivare il più lontano possibile (alla fine ce la farà a passare sotto il traguardo con le lacrime agli occhi dalla felicità: una settimana prima zoppicava anche a camminare.. e poi mi chiedono perchè siamo degli eroi..). Io e gli altri tre proseguiamo compatti, incontriamo addirittura, quasi subito, il Mentore, ma lo perdiamo nel giro di pochi metri, forse era una visione o una specie di spirito guida.
Cercando di non cadere nell'errore di correre troppo veloci nei primi km ed esaurire le energie troppo presto, ascoltiamo i tempi sul km che ci da il metronomo del gruppo (registrato agli annali anche come moroso della madrina) e chiacchieriamo del più e del meno. Al rifornimento dell'ottavo km perdiamo per strada un altro eroe a causa della troppa ressa, ci dobbiamo addirittura fermare ed aspettare che la gente defluisca; quando il Generale, l'eroe che abbiamo perso al rifornimento, compare incredibilmente in lontananza dinnanzi a noi con il suo sgargiante spolverino giallo canarino, lo raggiungiamo e, galvanizzati, proseguiamo insieme. Ma non per molto. La nostra punta di diamante, saltellante come una gazzella nella savana, continua ad aumentare il ritmo e il Generale decide di lasciarci andare e di proseguire del suo passo. Scelta saggia, ricordatelo.
Siamo al dodicesimo km e abbiamo già perso due elementi, c'è tensione, ma anche una buona dose di ottimismo: tra integratori e adrenalina siamo su di giri!
Nutrendoci di tutto quello che troviamo ai punti di ristoro (poco, ma con regolarità) proseguiamo la nostra gara abbastanza agili, ma sempre più silenziosi.. A strapparci più di un sorriso e qualche saluto sono le ali di spettatori che incitano, ad uno ad uno, tutti i trentamila eroi, leggendo il nome sul pettorale ben fissato dalla 4 katane di cui sopra. Davvero pelle d'oca.
Ogni tanto un papà si ferma, al km concordato, a salutare i figli che sono lì a vederlo, oppure un fidanzatino ruba un bacio alla sua bella che lo guarda dal lato della strada sperando che il suo principe non crepi correndo come un idiota. Si alternano scene ridicole, come quel francese travestito in modo tale da sembrare Chabal, giocatore di rugby soprannominato l'orco, e scene davvero commoventi, come quei quattro amici che spingono e tirano una carrozzina fatta apposta per l'occasione per portare un ragazzo disabile fin sotto il traguardo.

Emozioni di ogni tipo, sensazioni strane si susseguono e la fatica comincia a farsi sentire. Al trentesimo km anche noi tre che correvamo insieme ci separiamo, ognuno del suo ritmo, aumentare o diminuire può significare la fine. Iniziano così 10-12 km in solitaria di, almeno per me, completa alienazione mentale (non oso neanche immaginare gli altri due rimasti indietro che se la son fatta quasi tutta da soli), prima lungo la Senna e poi all'interno di un parco orribile di cui non ricordo neanche il nome; il male alle gambe comincia a farsi sentire sempre più forte, varie visioni si susseguono davanti ai nostri occhi, ma anche, questo per tutti noi, sale la consapevolezza, una volta passato il trentacinquesimo km, che il traguardo l'avremmo tagliato di sicuro, a costo di arrivare il giorno dopo strisciando.
In questa fase si vede proprio la gente che non ce la fa più, molti camminano, certi svengono (una signora davanti a me, mentre correva, si è letteralmente accasciata addosso a suo marito), altri rischiano di morire, come il defibrillato di cui ai post precedenti.
La crisi del trentacinquesimo km è scongiurata, qualcuno di noi fatica un po' di più negli ultimissimi km, totalmente privo di forze, ma ormai è fatta, curva finale, piccolo rettilineo e striscione dell'arrivo.
La medaglia è nostra, l'impresa è compiuta, non andiamo a far compagnia a Filippide.
Only the brave, è proprio il caso di dirlo.

giovedì 4 giugno 2009

I preparativi per la conquista di Parigi

L'ora è matura per narrarvi le vicende che ci hanno condotto fino alla linea di partenza, vicende che, sicuramente, non dimenticheremo mai in quanto, repetita iuvant, ci hanno permesso di divenire ufficialmente, con tanto di medaglia, degli eroi. Con un background di tabelle, diete e informazioni varie, tanto utili e precise quanto aleatorie per la nostra giovane e sbruffona mente da ventiseienni allo sbaraglio, ci siamo diretti ad acquistare i mezzi (si, per noi son come delle Ferrari Testarossa) che avrebbero protetto i nostri deboli piedi dalle avversità dell'asfalto. Neanche di scarpe ovviamente sapevamo nulla, a parte il fatto che hanno delle specie di piccole corde funzionali a tenerle chiuse e comunemente chiamate lacci; ma anche se eravamo totalmente ignoranti in materia non avevamo nessuna intenzione di fare come il famoso Abebe Bikila, il quale ai Giochi Olimpici di Roma del 1960 corse e, soprattutto, vinse la Maratona senza scarpe, a piedi completamente nudi!

Le scarpe da running, senza tediarvi troppo, si dividono sostanzialmente in categorie determinate dal peso, dalla forma del plantare e dalla capacità di ammortizzare che hanno:
- A1 sono le più leggere, piatte, ma con potere ammortizzante molto limitato;
- A2 sono intermedie, semicurve e con buona capacità di ammortizzare;
- A3 sono un po' più pesanti delle altre, ma con un'ottima capacità ammortizzante e molto flessibili;
- A4, infine, sono una categoria a parte in quanto servono a sopperire ai problemi di appoggio del piede e di postura causati dal cosiddetto "piede piatto".
Noi, per non sapere nè leggere nè scrivere abbiamo entrambi acquistato un bel paio di Asics Cumulus A3, rigorosamente dello stesso colore come due adolescenti, che si sono rivelate davvero ottime sia per l'allenamento che per la maratona.
Risolto questo problema ci siamo dati alla fondamentale stesura della tabella di allenamento; dopo aver cercato in ogni modo di trovare una tabella già fatta, con la stessa solerzia e lo stesso impegno con cui il giovane liceale cerca di copiare la versione di latino, ci siamo trovati al bar davanti a un bel paio di birre (birre intere, non mezze birre) e dati alla mano abbiamo creato dal nulla il nostro bel foglietto excel di cui andiamo tanto fieri. Sostanzialmente abbiamo suddiviso il nostro allenamento in 3 fasi: una prima fase in cui l'obiettivo era allenarsi per i 10.000 mt, una seconda in cui puntavamo a fare in maniera dignitosa i 21 km e una terza che ci avrebbe portato diretti alla maratona. Gli allenamenti, come già spiegato nei post precedenti, erano 3 a settimana: 2 durante i giorni lavorativi che oscillavano tra i 10 e 15 km e il cosiddetto lungo/lunghissimo del fine settimana che poteva arrivare fino a 33-35 km che, come tutti consigliano, vanno diminuiti gradualmente con l'avvicinarsi del D-Day.
Lo step successivo era capire come alimentarsi prima e durante l'impresa: il Mentore ci aveva messo in guardia più e più volte specialmente sulla crisi del trentacinquesimo km, il muro da superare coi denti e con le unghie! Dopo qualche studio un po' più approfondito ci siamo organizzati nel seguente modo:
1. durante le settimane subito antecedenti alla maratona abbiamo controllato il nostro nutrimento quotidiano anche grazie ai consigli del nostro medico di fiducia che è un maratoneta/eroe come noi (in teoria anche autore del blog, ma ad oggi latitanete per impegni lavorativi): circa dieci giorni prima della maratona proteine-proteine-proteine condite da sali minerali e i 2-3 giorni prima del giorno X carboidrati-carboidrati-carboidrati.
2. la mattina stessa dell'impresa ci siamo svegliati prestino per mangiare in camera (la zona colazione dell'hotel ancora non era accessibile data l'ora) le nostre belle fette biscottate spalmate abbondantemente di marmellata acquistate al supermercato il giorno prima e custodite gelosamente dal sottoscritto ai piedi del letto; la scena mi fa tutt'ora sorridere non poco: quattro cretini, che fanno un pigiama party alle 6 di mattina, ci mancava la battaglia coi cuscini ed eravamo a posto.
3. per quanto riguarda la gara, ci siamo presi prima di partire i nostri integratori al fine di scalare, agevolmente (ahahahahahah), il muro succitato, integratori ai quali abbiamo comunque aggiunto fette d'arancia, banane, frutta secca, zollette di zucchero e ogni ben di Dio che ci veniva offerto dagli Angeli Custodi posizionati presso i punti di ristoro.
Bene, fatto tutto ciò, belli e pronti come il primo giorno di prima elementare uno di noi si è fatto male, un'altro fuori dall'Italia per lavoro si allenava così-così e gli altri 3 a causa di troppo poche mezze birre e molte birre intere accompagnate da una spruzzatina di pigrizia se la son presa con troppa calma ("ma si mancano 6 mesi non c'è fretta", "ma si mancano 5 mesi, stasera aperitivi", "ma si mancano 4 mesi e poi ho un po' male al ginocchio", "ma si mancano 3 mesi e comunque sono in forma", "porca miseria porca è il mese prossimo, sono un coglione"). Ma del senno di poi ne son piene le fosse.
A Parigi siamo arrivati di Venerdì alla buon'ora (talmente buona che mi sa che eravamo ancora sporchi di dentifricio ai lati della bocca) e dopo aver depositato i nostri fardelli in hotel siamo andati diretti a respirare il clima della maratona all'Expo per consegna del certificato medico, ritiro del pettorale e di gadget vari e, ovviamente, acquisto di maglietta commemorativa: ci sentivamo dei veri atleti, la tensione saliva di ora in ora! Sempre preoccupati di camminare troppo, e di conseguenza stancarci, Venerdì e Sabato abbiamo ovviamente camminato un sacco, finchè, quando l'ansia da prestazione saliva in maniera esponenziale, la luce è comparsa nella nostra giornata, vigilia dell'impresa, il telefono ha vibrato: era il Mentore che ci comunicava il suo arrivo in terra francese e la sua volontà di darci la benedizione prima che entrassimo definitivamente a far parte della storia. Suggestivo appuntamento davanti a Notre Dame e il gioco era fatto: effettivamente quale luogo poteva essere più adatto per benedirci? Per stemperare la tensione dell'attesa dell'incontro col Latin Mentore siamo entrati nella suddetta Cattedrale e abbiamo acceso una candela (una in quattro, se permettete cosatavano ben 2 euro l'una) affichè gli Dei dell'Olimpo guidassero le nostre membra fin dopo il traguardo permettandoci, se possibile, di sopravvivere.
Incontrato il Mentore e fatte le foto di rito ci siamo dedicati ad un intero pomeriggio di relax ai Giardini del Lussemburgo, seguito da circa 3 etti di pasta serali cadauno, letto presto e, almeno per me, dormita insoddisfacente a causa della simil-agitazione da esame di maturità.

mercoledì 3 giugno 2009

Breve riassunto del Bignami di teoria dell'allenamento (I)

Ah Ah, niente Oktoberfest perenne quindi!
In questo caso snocciolerò, in tre parole sublimemente intrise di superficialità, le quattro idee in croce che mi sono fatto sulla teoria dell'allenamento.
Il Peso
Come preannunciavo suscitando tremori, il peso ha un ruolo fondamentale, difatti non occorre essere professori di fisica per sapere che un camion consuma di più di un'auto e va pure più lento. Oltretutto, abbandonando gli esempi automobilistici, il peso non necessario è deleterio per le articolazioni: il sovrappeso massacra le ginocchia.
Per sapere se si è sovrappeso si può fare riferimento all'indice di massa corporea (IMC), la cui formula è:
IMC= (Peso in Kg):(Altezza in metri)²
Ad esempio un uomo di 70 Kg alto 1,80 m dovrà calcolare 70:1,8²=21,6, che è il suo IMC.
Per l'uomo l'IMC non deve essere maggiore a 22, se è maggiore si è in sovrappeso; per le donne dovrebbe essere inferiore a 20. Questo è un dato solo indicativo, per farsi un'idea e il nostro blog non è una Sacra Scrittura, né è una delle dodici tavole... quindi, se ho suscitato interesse all'argomento è bene che ognuno lo approfondisca da sé e tragga le proprie conclusioni (www.albanesi.it/Alimentazione/imc.htm).
Per conludere il paragrafetto preciso che non è mia intenzione scoraggiare nessuno, che sia però chiaro che iniziando a correre seriamente non si possono più cercare scuse: essere in forma è necessario, per evitare gli effetti rappresentati nella seguente foto.


Cominciare a correre
Cimentandosi nel test del moribondo o leggendo di che si tratta (v. post precedente, http://www.albanesi.it/Paginetest/sportivi.htm), si ha un'idea abbastanza chiara delle proprie condizioni. Conviene partire da lì.
Correre dieci chilometri in meno di un'ora non è un punto di arrivo. E' il requisito minimo per poter iniziare a pensare di affrontare i primi allenamenti per la maratona. Se prendete una qualsiasi tabella - qualsiasi - l'allenamento più breve che potete trovare è di dieci chilometri. Infatti le settimane più leggere (nel caso si corra il minimo indispensabile, cioè tre volte la settimana) prevedono un chilometraggio complessivo di circa 40. Dividete per tre e il gioco è fatto: non ci sono allenamenti più brevi di dieci chilometri.
Ciò postula, ovviamente, che ogni settimana preveda allenamenti ben più lunghi di quella distanza: il lungo settimanale, che si corre il sabato o la domenica è di almeno venti chilometri.
Troppo?
Scoprirete presto che venti chilometri a ritmo blando sono una piacevole passeggiata!
Per chiudere: considerato che programma medio di allenamento per la maratona è di 15-18 settimane, conviene programmare la propria prima maratona al più tardi con sei mesi di anticipo... perfino noi sprovveduti al primo tentativo l'abbiamo fatto e la nostra preparazione al punto zero ci consentiva di superare abilmente il test del moribondo! Di qui non si scappa!