martedì 21 ottobre 2014

Alien's Quest - Sardinia Ultramarathon 2014

Ecco l'emozionante resoconto della Sardinia Ultramarathon del nostro amico Alieno, che festeggia un garone senza precedenti corso a mille incollato al campionissimo Giorgio Calcaterra! L'Alieno si allena come un pazzo, e allora è proprio vera la massima di Alberto Salazar: "you race the way that you trained".

"Si riparte! Sono ancora una volta sull'aereo, in partenza per la Sardegna e più precisamente per Macomer,  per disputare la mia seconda Sardinia Ultramarathon, corsa di 2 giorni con due tappe consecutive da 21 km il sabato e 60 km la domenica, con in testa un frullato di pensieri ed emozioni. L'anno passato ero stato folgorato dalla bellezza della corsa, l'ambiente unico, l'accoglienza dei padroni di casa e dalla possibilità di misurarmi, nel mio piccolo, con un mostro sacro come Giorgio Calcaterra, campione italiano e mondiale di 100 km, l'unico finora capace di vincere per 9 anni consecutivi la "100km del Passatore".
Parliamo di un incredibile atleta e uomo, il quale, nonostante il suo palmares allucinante, continua a definire  la corsa come un hobby! Giusto per dare un idea lo paragonerei calcisticamente a Pelè o a Maradona, anche se, a mio parere, entrambi avrebbero da imparare molto da lui per quanto riguarda umiltà e semplicità.
Sono mesi che preparo questa corsa, è l'obiettivo della mia stagione!
Sono realista e so che sarà pressoché impossibile batterlo, ma la sola idea di potergli stare vicino più chilometri possibile e imparare il più possibile da lui sarebbe un onore... A fine maggio seguivo il live del passatore ed ero rimasto incredulo nel vedere il suo capolavoro: dopo più di mezza gara in crisi dalla terza posizione al chilometro 85 è passato secondo; poi primo al chilometro 93 tagliando il traguardo al primo posto per la nona volta consecutiva... WOW! Come si fa a fare un recupero così dopo 85 km di corsa?
L'obiettivo era scoprire quando e come quell'incredibile forza mentale si trasformava in forza fisica...

Al decollo e durante il viaggio mi sono caricato di ottime emozioni ed energie, guardando il Monte Rosa e l'interminabile catena montuosa delle Alpi a tratti innevate, cavalcando le nuvole e attraversando il mar mediterraneo che si estendeva a perdita d occhio ho potuto ragionare su quanto bello e unico sia questo pianeta, un posto che ci regala la vita ed è di una bellezza che va oltre la nostra immaginazione... spesso noi dimentichiamo tutto questo dandolo per scontato, perdendo il contatto con la pura essenza della vita, e di conseguenza con la possibilità di vivere più sereni e gioiosi.

Per fortuna che alcune persone il segreto della felicità lo conoscono bene: all'arrivo alla Colonia del monte di Sant'Antonio,  a Macomer, mi trovo davanti ai vecchi amici, persone che vivono semplicemente, loro che lavorano per darci vitto e alloggio e si fanno in quattro per far si che buon cibo, birra, vino, il calore del fuoco e della loro umanità non manchino un secondo... Che persone speciali, li visti tre giorni in vita ma è come se ci conoscessimo da sempre, con loro ho la sensazione di essere a casa mia!

Come l'anno scorso la sera fila liscia come l'olio tra cibo, bevande squisite, ottima compagnia e una nottata in camerata con i compagni di viaggio dei giorni successivi.

E' sabato mattina, finalmente è ora di correre la "Corsa Verde", mezza maratona fuori strada con molti saliscendi e un buon dislivello complessivo. L'ambiente è così selvaggio e affascinante che la fatica sembra non arrivare mai,  corro fianco a fianco a Giorgio, tirandoci a vicenda e chiudendola con un tempo da record! Che meraviglia correre così: essere immerso nella natura a fianco a questo grande campione rende quella che dovrebbe essere una fatica un puro divertimento, un lungo momento di trance agonistica che ti fa credere che potresti correre così per sempre... sul finale però le gambe hanno iniziato a recriminare facendomi ricordare che mente e corpo devono rimanere allineati altrimenti son dolori. Per questo c'è un rimedio, un bel massaggio post gara, un pranzo e un bagno pomeridiano al mare faranno si che il mio corpo si prenda il meritato riposo prima della vera corsa, quella da 60 chilometri.

La sera, dopo cena inizio a farmi le classiche domande: "Non ho mai corso bene una ultra, amo la corsa di resistenza ma sono conscio che molto raramente ho corso senza crollare sul finale, ce la farò? Oggi mi sono gestito bene, oppure ho dato troppo? E se domani le gambe mi abbandoneranno a molti km dalla fine come è successo l'anno scorso?" 
Mi rendo conto che sono solo pensieri limitanti, e che il passato non è uguale al presente, a meno che noi non scegliamo di viverci dentro, addormentandomi con la certezza che saprà trovare i giusti mezzi e le energie per rendere al meglio e per godermi quell'incredibile viaggio che è l'ultramaratona.

Domenica mattina, colazione, preparativi, appello, tutti sulla linea di partenza e via, si parte! 
Si parte molto piano, in tranquillità, sapendo che la corsa sarà bella lunga, 60 chilometri di collina tutti fuori strada sono tutt'altro che uno scherzo, ma so che se riesco a stare a fianco a Calcaterra più a lungo possibile avrò la possibilità di andare via regolare e imparare moltissime cose anche solo osservandolo.

Un po' chiacchieriamo ma rimaniamo entrambi concentrati; il fatto di poter correre spalla a spalla con lui e per me una fonte di grande energia e ricordo che al giro di boa del trentesimo mi sono detto, "beh, quasi mi sembra di iniziare ora una corsa di 30 chilometri, ottimo!" Ovviamente il fisico non era così fresco , ma in queste gare l'approccio mentale fa la gran parte della differenza tra successo e insuccesso, e quindi ero felice e grato per la positività con cui stavo approcciando la situazione.

Al secondo giro abbiamo iniziato a fare sul serio, il ritmo aumentava continuamente, io e Giorgio continuavamo a darci il cambio e tirarci a vicenda e il caldo si faceva sentire sempre di più, a ogni ristoro prendevo una o due bottigliette d acqua di cui me ne versavo almeno metà in testa e bevevo ciò che rimaneva; ci siamo fatti 30 chilometri buoni correndo con le bottigliette in mano per non finire disidratati o in preda a un insolazione.

Con l avvicinarsi del 45 km, dove l'anno scorso sono letteralmente morto di crampi, le paure cercavano di farsi sempre più strada, ma con pazienza le zittivo dicendomi: "il passato è diverso dal presente... A meno che tu non scelga di viverci dentro!" Con questo approccio ho superato le crisi che si susseguivano, sempre focalizzato sul presente e sulla tecnica di gara, arrivando così al momento clue: al km 53, Giorgio ha accelerato ancora, la mia testa e le persone intorno dicevano "non farlo andare!" ho cercato di non mollarlo, ma ecco che il mio fisico metteva il limite: principi di crampi e contratture mi hanno fatto capire che era molto meglio non seguirlo e tenere il mio passo per non rischiare un blocco muscolare e perdere minuti preziosi... 

Quello è stato il momento che ho aspettato da quella sera mesi fa, mentre seguivo il Passatore, era lì  davanti ai miei occhi: che spettacolo vedere Calcaterra cambiare marcia dopo 53 km, ecco l'agognato momento fatidico: il campione mi stava dando la lezione che cercavo da mesi! Nulla accade per caso e il volume dei suoi allenamenti, quasi triplo rispetto al mio, insieme all'approccio mentale di quel momento stavano facendo la differenza!
Nonostante i crampi non volevo perdermi la lezione e ho reagito cercando di stargli il più vicino possibile, trainato gli incitamenti della folla: "dai Marco! Giorgio e li poco più avanti!"
A momenti i crampi si facevano lancinanti, ma ormai sono spesso miei compagni di viaggio e ho adottato tutte le tecniche fisiche e mentali che nel tempo ho imparato per correrci insieme e addirittura farli anche sparire per qualche momento...

Gli ultimi 2 km di salita, che sarebbero impegnativi giù da soli, dopo 4 ore di fatiche sembrano ripidi come le scale di un grattacielo, ma il vedere che Calcaterra non era ancora sparito e che potevo ancora vederlo lì davanti a me, insieme alla consapevolezza che stava finendo una corsa fantastica da cui stavo traendo energie e insegnamenti per il futuro, mi hanno riempito di gioia e gratitudine. Nonostante la fatica di una corsa e di quella salita così impegnativa mi sentivo un po' come i bambini che si gustano le ultime squisite cucchiaiate di gelato... 

Taglio il traguardo felice e grato, consapevole che ho fatto una prestazione incredibile e che è una giornata perfetta, da incorniciare, e che sarà termine di paragone per le mie future prestazioni: mi sono levato mille soddisfazioni e mi sono veramente goduto il viaggio. Mi avvicino a Giorgio e lo abbraccio, grazie a lui ho corso una gara pressoché perfetta... Che emozioni!

Tutti i ragazzi mi fanno sentire un campione, mi trattano come se fossi al livello del campione e mi coccolano come hanno sempre fatto nei giorni precedenti: Macomer è un posto speciale pieno di persone genuine, vere, che negli occhi hanno una luce, un indescrivibile fuoco che arde, gente meravigliosa con cui uno sguardo vale più di mille parole...

In partenza saluto e ringrazio tutti più volte e me ne vado pensando a una massima di Socrate:
"Lascia che i tuoi figli abbiano sempre un po' di fame e un po' di freddo per essere felici".
Viviamo in un mondo accelerato e di agi quasi imposti, dove chi vuole faticare passa spesso per fesso, e cercano di convincerci che la felicità sia un qualcosa che dipende da cose o situazioni che stanno al di fuori di noi.  Invece no, la lezione di oggi per me è questa: i risultati ottenuti senza apprezzare la fatica fatta non hanno valore, e infatti spesso ci lasciano insoddisfatti; il traguardo che raggiungiamo ha senso solo se lo raggiungiamo felicemente perché non è a destinazione che giace la felicità, ma nel viaggio, perché essa è sempre stata dentro di noi."

giovedì 16 ottobre 2014

Cosa resterà di questi anni '80

Dopo le letture estive, che mi hanno fatto scoprire le vite dei campioni del passato, ho deciso di non abbandonare questo filone e di leggere le storie di altri campioni della corsa di fondo.
Nonostante io abbia sempre seguito lo sport, mi sono reso conto di conoscere solamente gli atleti degli anni '90, cioè quelli che ho visto all'opera da ragazzino, così mi è rimasta la curiosità di guardare indietro.
Con un salto al 1982 ho letto tutto d'un fiato Duel in the sun, che racconta l'intreccio delle vite di Alberto Salazar e di Dick Beardsley con la mitica maratona di Boston di quell'anno. L'eccezionale lotta tra il campionissimo Salazar ed il contadino Beardsley, che ha esaltato all'epoca tantissimi appassionati americani. Da un lato uno spettacolo, una sfida da brivido, fino all'ultimo metro ed allo sfinimento, dall'altro le storie di due uomini che condividono un'esperienza spartiacque nelle loro vite.

Per rimanere sul pezzo, ho continuato con 14 minutes, l'autobiografia di Alberto Salazar che ripercorre la sua storia atletica e da allenatore dell'Oregon Project, passando per l'infarto a cui è miracolosamente sopravvissuto nel 2007. Sarò sincero: è un'"americanata", ma al netto della questione stilistica è molto interessante sentire la versione di un campione di rango mondiale, spesso controverso per i suoi comportamenti.